INCENDI
In presenza di condizioni meteorologiche favorevoli, nei monti della Val Belluna, e in particolare nei versanti sud dei monti feltrini (Avena, Vette) sono scoppiati incendi che in breve hanno devastato centinaia di ettari di bosco, prato e zone impervie con arbusti. La maggior parte degli incendi è provocata, si tratta cioè di eventi causati da un comportamento criminoso. In un solo caso è stata accertata, con immediatezza, la causa dovuta a imprudenza associata a condizioni meteo particolarmente sfavorevoli; in altro caso un fenomeno naturale (fulmine) ha provocato l'incendio che dal monte Avien (Valle di Seren) si estese alle zone circostanti, anche nel versante di Schievenin.
Quale può essere la motivazione che spinge delle persone a commettere un'azione
dolosa che può mettere a rischio anche la vita di escursionisti e
personale che interviene a
limitare i danni dell'incendio, provoca enormi danni a fauna,
flora e
costi per gli interventi di spegnimento? In altre regioni si guarda alla
figura del pastore che intende eliminare
cespugli, arbusti e sterpaglie, consentendo una crescita più rigogliosa e
abbondante delle erbe che alimenteranno le greggi, o anche a persone che mirano
a creare occupazione, mediante le opere di ricostituzione del patrimonio
boschivo distrutto. Si bruciava, un tempo, in zone in cui si voleva imporre una variazione
nella destinazione d'uso del territorio convertendolo alla edificabilità: una legge
impedisce questa riconversione a seguito di incendio. Del tutto improbabile, nel
nostro caso, l'attribuzione degli eventi a pastori e ancor più a chi intende
"creare lavoro": i primi sono praticamente assenti dalle zone
interessate -talvolta a più riprese- dagli incendi, e non mi risulta che ivi
siano stati effettuati interventi di recupero particolarmente impegnativi, dal punto di vista
dell'occupazione di manodopera. Rimane l'ipotesi dei piromani e di chi appicca il
fuoco per vendetta o per protesta. Quest'ultima ipotesi potrebbe essere
collegata al fatto che buona parte dei roghi avviene in zone ai limiti del
Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi o addirittura all'interno di esso.
Il Parco, istituito formalmente nei primi anni '90, aveva visto una gestazione
in cui parte della popolazione interessata si era opposta duramente
all'iniziativa, ritenendo di essere sia limitata nelle tradizionali possibilità
di utilizzazione del territorio, sia defraudata delle ipotesi
-del tutto indefinite- di sfruttamento del territorio stesso, soprattutto dal
lato turistico. Si può ritenere che la rabbia prodotta per il successo
dell'iniziativa Parco Nazionale abbia fornito l'innesco a qualche incendio in
quel primo periodo (ad esempio Col dei Cavai nell'86, Monte
S.Mauro nel '90,
che presenta analogie col recente del 6
febbraio 2011); più
difficile pensare che tale rabbia sia di così lunga durata da essere anche causa
degli incendi del XXI secolo entro il Parco (Val di Lamén 2002,
S. Mauro 2011), a meno che i rancori non
siano così profondi da essere degenerati in odi personali. Infatti il successo
del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi è sotto gli occhi di tutti: oltre alla
forte valenza degli aspetti ambientali (difesa della fauna e soprattutto di una
flora unica), è anche evidente
una interessante ricaduta benefica per tutta le zone adiacenti dal lato turistico e
commerciale; la fama acquisita richiama infatti molti escursionisti. Inoltre le
attività dell'Ente Parco hanno creato anche un "indotto culturale" di
fondamentale importanza, con studi dedicati a vari aspetti del territorio,
recupero di interessanti "monumenti" delle attività di un tempo, visite guidate
entro il parco con l'assistenza di personale preparato alla perfezione etc.
Nonostante questo, risulta alquanto evidente il dolo nei due ultimi incendi
citati, come vedremo esaminando le immagini relative. Osserviamo due foto
che riprendono la fase iniziale dei due incendi del 2002 e del 2011.
La foto sopra è relativa all'incendio che nel 2002 ebbe origine nella Val di Lamén: si nota che la larghezza della base dell'incendio è estesa, anche se è cominciato da poco: probabile conseguenza del fatto che il fuoco è appiccato in più punti. Inoltre parte proprio ai piedi di un dirupo, in modo che lo sviluppo verticale sia rapidissimo, per "l'effetto camino"; ed è innescato nel fine settimana, quando è più difficile metter assieme con grande rapidità una squadra o i mezzi per l'intervento. Anche in quell'occasione il fuoco percorse le vallecole a sud delle Vette per più giorni, e richiese enormi sforzi e dispendio di energie per essere arrestato.
Nel caso del recente incendio del M. San Mauro (inizio febbraio 2011), che si
vede nell'immagine qui sopra ripresa a circa un'ora dall'inizio,
troviamo gli stessi elementi precedenti: base di partenza larga (più inneschi),
giorno festivo, luogo di partenza con elevata
pendenza per accelerare la corsa del fuoco, che in poche ore guadagnò la
sommità del monte. Dopo una giornata di
fuoco, i fumi avevano invaso tutta la vallata feltrina: a una distanza di 10 km
si avvertiva l'acre odore di foglie e resina bruciate.
Per un periodo intorno agli anni '90 furono frequenti gli incendi sul monte
Avena, anche in questo caso dolosi (tranne uno). Essendo di fronte a tale monte,
ebbi occasione di vedere una sera l'avvio dell'incendio, alimentato
probabilmente anche da liquidi infiammabili; sopra tre immagini, riprese a pochi
minuti di distanza l'una dall'altra; notare la sagoma del peccio della prima
ripresa, che nella seconda si è trasformata in una torcia. Vigili del fuoco e forestali,
tempestivamente avvertiti, domarono senza eccessive difficoltà le fiamme. Altro
vasto incendio dell'Avena: nell'aprile '95
uno sfortunato agricoltore, ai piedi del monte sopra Fonzaso, bruciò l'erba
secca del podere; un improvviso violentissimo vento spinse il fuoco nel bosco
dando inizio a un rovinoso rogo, durato più giorni. E' incredibile l'effetto
"moltiplicatore" del vento su un incendio: la propagazione avviene con altissima
velocità e cambi di direzione continui.
Anche le Dolomiti Bellunesi (Schiara-Serva) in almeno due occasioni sono state
devastate da incendi dopo l'istituzione del
Parco; in un caso l'incendio si diffuse dalle pendici del Serva, in seguito a
una grossa imprudenza. Nell'inverno del '92 le fiamme iniziarono la devastazione
partendo dalla valle tra il M. Peròn e la
Pala Alta, come si vede nella immagine a fianco.
La lotta contro gli incendi trova fattori determinanti anzitutto nella
prevenzione e nella
rapidità dell'intervento nelle sue prime fasi.
La prevenzione, per essere efficace, deve anzitutto
investire il controllo del territorio, ed essere particolarmente presente nei
momenti critici: periodi di elevata siccità per quanto riguarda le condizioni
ambientali, e giornate di festa o fine-settimana per la distribuzione nel tempo.
L'esperienza insegna che gli incendi dolosi sono più frequenti in queste
giornate, perché maggiori sono i problemi per lo spegnimento. Il controllo nei
momenti critici dovrebbe utilizzare, oltre ai tradizionali, moderni strumenti elettronici (ad esempio
l'uso del satellite), facilmente disponibili, se le autorità ne richiedessero
l'utilizzazione e ci fosse la volontà anche politica di investire nella difesa
del territorio. Ma è noto che per l'attuale (febbraio 2011) governo è d'obbligo tagliare
ovunque, come è stato fatto in modo pesante per i Parchi Nazionali. E che cosa ci si può
aspettare da un'amministrazione nella quale uno dei più autorevoli esponenti
pronuncia l'infame dichiarazione "nella cultura non si mangia"?
Non ci si può attendere nulla di buono
dalla "bunga-bunga governance"! La rapidità
dell'intervento richiede presenza di personale pronto a intervenire, in
particolare nei momenti critici, e mezzi idonei e immediatamente utilizzabili.
Un esempio può essere fornito da quanto ho personalmente verificato in occasione
di un incendio -nella foto sottostante- scoppiato alle pendici del monte Picosta, nel Tesino (non a caso
Trentino), in un momento di grande pericolo a causa della lunghissima siccità: dopo due
ore dai primi "segnali di fumo", l'incendio era già spento, nonostante le condizioni
ambientali e meteorologiche facessero temere il peggio.
Le immagini raccolte vanno da fine anni '80 a febbraio 2011; abito in alto alla
periferia di Porcen: di qua lo sguardo abbraccia i versanti meridionali dei monti
da Cima Campo a Tesino, Avena, Vette Feltrine, Tre Pietre-Pizzocco, Schiara-Pelf,
Serva e fino all'Alpago col M. Cavallo.