DINTORNI DI PORCEN
Il paesaggio e le caratteristiche dei
terreni attorno al paese
di Porcen sono abbastanza vari: a Nord e Nord-Ovest la
collina detta "el Còl"; a
Ovest la valle percorsa dai "Rìch", che si apre verso Rasai; da Sud-Ovest a
Sud-Est le propaggini
del Tomatico, maggiormente incombenti verso Est, mentre
nella parte occidentale, più aperta, sono presenti simpatiche colline, resti
intatti delle morene lasciate dai ghiacciai che, provenienti dalle valli
del Cismon e del Piave, coprivano tutta la Val Belluna. Oltre queste colline
moreniche, il torrente Biotìs. A Est, proseguendo oltre la chiesa del paese in
direzione di Tomo, alla fine di una lieve salita, troviamo un'ampia sella in
località "Loèra"; oltre
questa il terreno è inclinato, piuttosto dolcemente, verso Tomo.
La collina ha inizio a Est di Rasai, appena oltre il Biotìs, e si estende fino a Tomo; essa è formata, in particolare nella parte sommitale, occidentale
e settentrionale, da
roccia rossastra, la Scaglia Rossa. Tale pietra veniva estratta nella
parte alta del Còl, e la zona da cui è stata "tagliata" è ancora ben evidente, e
chiamata "La Perìna". Con tale roccia, facilmente lavorabile perché scagliosa,
si costruivano architravi e fianchi di porte e finestre, lavabi, acquari e recipienti
dalle forme più varie. Difetto della pietra la non grande durata, soprattutto se
esposta alle intemperie: essendo finemente scagliosa, gelo e disgelo
la sgretolano con maggior facilità. Nei pressi della "Perìna", lungo una
stradina che la affianca a nord, si trova una voragine dalla limitata luce
esterna, ora ulteriormente ridotta e
protetta con rete; i genitori (classe 1910)
mi raccontavano che uno dei passatempi, quand'erano ragazzi, era lanciare pietre
nella voragine, e contare finché si sentiva il sordo rombo dell'urto sul fondo
della caverna. La voragine è chiamata "Fògola del Caribaldòn".
Sulla "Perìna" troviamo piante caratteristiche delle rocce calcaree, come la "Saxifraga
crustata", molto frequente, anche se il suo habitat ottimale è mille
metri più in alto. El Còl
arriva a una quota di 460 m, 75 metri più in alto della piazza del paese,
situata a sud della sommità. Più a Est il colle digrada dolcemente e la parte
sommitale si allarga,
dando vita a un paesaggio vario e suggestivo; non emerge più la scaglia rossa,
ma sotto un leggero mantello di terra fertile, e talvolta anche in superficie, troviamo
i sottili strati di roccia rosa/grigio-chiara, passaggio dal "Biancone" alla
"Scaglia Rossa" e di questa più resistente (B. Giordano e L. Toffolet
-Il paesaggio nascosto- parlano di "livelli calcarei nodulari lastriformi
presenti al passaggio fra il Biancone e la Scaglia Rossa") . Gli strati (sia di
"Scaglia Rossa" che di "Calcare nodulare lastriforme") vergono
a Nord con inclinazione che varia tra i 50° e i 60°;
dove le lastre di calcare
grigio-chiaro sono più spesse, la pietra veniva estratta e facilmente
trasformata in blocchi regolari, da utilizzare nella costruzione di case o di
muraglie a secco a sostegno delle strade. Il versante Sud del colle, ripido da
Rasai fino alla chiesa di Porcen, a oriente della Loèra si allarga e diventa un
lieve pendìo; a Nord invece rimane ripido dall'inizio alla fine (ponte Tomo), e
termina sul piano in prossimità della strada provinciale delle "Montegge"; lungo
questa via, i recenti scavi effettuati per la realizzazione del famigerato
incrocio con la superstrada, hanno messo a nudo potenti strati di Scaglia Rossa.
Il corso d'acqua "i Rìch" non è un ruscello, perché assai più consistente; non è un
torrente, perché anche dopo un lungo periodo di siccità la portata, benché
ridotta, è ben lontana da zero; e il greto non è caratterizzato dalla presenza
di massi e pietre. Una sorgente perenne lo alimenta, e sgorga a una cinquantina
di metri dalla piazza, lungo la via che porta al Còl, nella parte più bassa
dell'ampio avvallamento tra questo e il paese. Probabilmente i fondatori di
Porcen valutarono la presenza di questa abbondante polla d'acqua, per dare
inizio, vicino ad essa, alla costruzione delle prime case. La sorgente è stata
utilizzata dai soci della "Latteria Turnaria" che anche a Porcen funzionò per
decenni, nel secolo scorso: il caseificio (casèl) fu costruito nei pressi della
sorgente, e l'abbondante acqua utilizzata per le vasche di refrigerazione del
latte; oggi, riadattato, il casèl è sede di riunioni, incontri,
corsi, feste che rinsaldano la vita sociale del paese. Immediatamente a valle del
caseificio erano i lavatoi pubblici, e un'ampia vasca ove
erano condotte, mattina e sera, le vacche ad abbeverarsi. Le strutture
originali, in scaglia rossa, sono state rimosse perché deteriorate; sono stati rifatti
in calcestruzzo, a ricordo dei
preesistenti, i lavatoi che naturalmente oggi non sono utilizzati. Un tempo "i
Rìch" erano ricchi di gamberi, che venivano catturati in abbondanza; l'arrivo
dei prodotti chimici (detersivi, diserbanti, fertilizzanti, ...) ha portato alla
progressiva diminuzione e infine alla scomparsa dell'artropode.
La dorsale che da "Cima" Tomatico (1595 m) si spinge verso Porcén, discontinua nella
pendenza, separa il versante del Tomatico rivolto a Nord, dall'arco
di monti Tomatico-Sassumà, le cui pendici formano il bacino principale del torrente Biotìs. Località significative
della
dorsale, partendo dall'alto: la Cima; el Piff, cimetta a 1300
m; pra de Puìna (1000 m), piccola zona pianeggiante con prato e antica casera;
Pra dela
Varda (780 m), luogo da cui si gode ampio panorama; Tèla (650 m), monte
il cui pendìo finisce nel piano assai meno inclinato che digrada verso il
paese. Le acque del versante Nord del Tomatico, a ovest della sella della
Loèra, finiscono nel "Rìch", che confluisce poi nel Biotìs all'altezza di Rasai.
Il piano lievemente inclinato, a Sud del paese, interseca le pendici del monte a
una quota di 450/500m, mentre a Sud Ovest l'arco delle ricordate colline
moreniche, e una faglia, hanno indirizzato il greto del Biotìs verso Rasai. Queste
colline sono state in parte trasformate dalle secolari attività agricole
(spianate in cima al "col de Rubìn" e al "col de Costesèle"), mentre per il resto sono nelle
stesse condizioni in cui le lasciò il ghiacciaio 10/15000 anni fa: emergono
ancora qua e là i massi più grossi, sospinti dalle lingue di ghiaccio che scendevano dai
bacini del Cismòn-Vanoi e del Piave-Cordévole. Tra le pietre, infatti, ben levigati e arrotondati dagli attriti e
sfregamenti, si trovano porfidi,
graniti e altre rocce silicee arrivate dai
monti del Tesino e Cima d'Asta (graniti grigiastri) e Lagorai (porfidi).
Naturalmente anche pietre strappate dal ghiacciaio alle stratificazioni calcaree
di vario tipo, o franate dai monti sul ghiacciaio stesso: enormi massi di
calcare grigio, altri meno imponenti di rosso ammonitico,
scaglia rossa... Lungo il greto del torrente
Biotìs, luogo di scorribande quotidiane e di battute alla ricerca
di chiocciole, che facevo da ragazzo con gli amici, ho anche individuato alcune pietre
zeppe di fossili, probabilmente trasportate dal ghiacciaio proveniente dalla zona
di Sedico/Belluno (Arenaria Glauconitica); un masso di questa roccia, levigato dall'acqua e coi fossili evidentissimi,
era al centro del torrente, a 650 m, in Vallorna; recentemente ho rinvenuto un'
altra pietra di questo tipo sul Col. Nella parte orientale del
piano i depositi morenici sono meno evidenti o assenti; la diversa natura del
terreno (strato di terra fertile più sottile, seguito da strati di roccia) si riflette anche nella capacità di assorbimento dell'acqua in occasione
di piogge prolungate: l'acqua scorre abbondante sui prati ed emerge nelle
cantine delle abitazioni a Est de "La Vila", mentre nelle case a Ovest il fenomeno
è assente, perché nel materiale di origine morenica l'acqua viene più facilmente
assorbita. Oltre che dalla natura del terreno, questa abbondanza d'acqua potrebbe essere determinata anche dalla relativa vicinanza delle propaggini del
monte, che scaricano le acque superficiali nella parte orientale del falsopiano.
La fascia di terreno
compresa tra il paese e le propaggini del Tomatico,
-che si individua al centro dell'immagine qui a fianco, mentre il paese rimane
dietro "el Col" in primo piano a sinistra- offre la maggior
estensione di zone dedicate alle coltivazioni agricole; in parte, soprattutto
verso
ovest, sono stati ricavati ampi terrazzamenti piani, separati dagli altri a
monte e a valle non da muraglie, ma da scarpate erbose che un tempo erano falciate a
mano, benché ripide; oggi le macchine per la falciatura le evitano, per
l'eccessiva pendenza; così han preso piede cespugli, arbusti e boscaglie che in pochi
anni hanno trasformato il profilo ambientale. I cespugli si sono sviluppati,
spesso, anche sui masarόi, cumuli di pietre
ammucchiate lungo i confini dei terreni quando questi furono dissodati e
"bonificati", sostituendo il prato ai boschi preesistenti.
A oriente le case del paese arrivano fino alla Loèra (da lou, lupo), spartiacque
tra "i Rìch" e il bacino del torrentello che, tra Tomo e Villaga, raccoglie le
acque del versante nord del Tomatico, e le versa nella Sonna di fronte ad Anzù. Il terreno
oltre "La Loèra", in
particolare alle pendici del colle, non è tuttavia conformato in modo da
convogliare direttamente le acque al torrente: esistono tanti piccoli
bacini
chiusi che, con precipitazioni intense e prolungate, danno vita a piccoli
suggestivi laghi.