Porcen
Il paese di Porcén, posto a sud-ovest di Feltre a una distanza di circa 5km, gode di un clima invernale assai più mite di quello della cittadina (nota per far passare le pene dell'inferno a chi vi risiede d'inverno); è protetto da una collina che, se da una parte limita la visione di paesaggi sulle Dolomiti (basta comunque salire per qualche centinaio di metri sulle pendici del M.Tomatico (m. 1595), per ampliare gli orizzonti), dall'altra ha questo benefico effetto sulla temperatura, attenuando l'irruzione delle correnti settentrionali.
Porcén
(386 metri sul mare nella piazza al centro del paese) sembra avere antiche
origini etrusche, come numerose altre località che attorno a Feltre presentano la
desinenza "en". Intorno ai primi anni '50, lavorando a uno scavo alle
propaggini del colle, gli operai rinvennero "una sepoltura" con resti di
scheletri circondati da una cinta di pietre; dalle dimensioni dei femori un
esperto dedusse che la statura degli adulti doveva essere di circa due metri; un
braccialetto di rame, a forma di serpente, ornava i resti di una donna.
La parte più antica del paese è costituita da un compatto "centro storico", con
lunghi caseggiati i cui cortili sboccano sulla strada in salita che, continuando
oltre il paese, sale al M. Tomatico; tale strada veniva chiamata "la Vila".
Questa parte più antica era caratterizzata, nelle abitazioni delle "gronade"
(schiere) esterne, dalla presenza di aperture a volta ("lobie") con portoni che
potevano essere chiusi la notte, per impedire l'accesso ai lupi, che dovevano
essere presenti numerosi, visti i nomi di località vicine: "la Loèra" e il "Col
del Lòu" ad esempio. In tempi più recenti il paese si è esteso lungo la
strada
comunale Rasai-Tomo, che interseca "la Vila" nella piazza principale, caratterizzata fino al 1952 dalla presenza di una grossa pietra dalla
forma regolare, sopra la quale salivano i responsabili frazionali per
arringare la folla, fornire informazioni, assegnare l'alpeggio dei pascoli
di proprietà della chiesa al miglior offerente: la pietra era chiamata "Sass
de la Règola".
Le abitazioni sono state anche in passato (facciamo riferimento agli anni
1950/60) in massima parte concentrate nel borgo; un nucleo, abitato allora da
tre/quattro famiglie, situato sulle prime propaggini del Tomatico (Ronchedèi),
sul confine di Tomo;
altro nucleo (Val d'Agno, oggi appartenente al Comune di Feltre, mentre gli
abitanti gravitano su Porcén e Comune di Seren del Grappa) una decina di metri
più in basso e ad Est. Sul medesimo livello (circa 450 metri s.m.),
spostandoci verso Ovest, alcune case isolate (Giusti, Pèca, Carapàut,
Rivόn,
Costesèle,
da Siro).
Più in basso Saéri, e sul piano il nucleo
Bàutole (quattro famiglie. Bàutole
solo recentemente è stato incluso nella frazione Porcen, prima apparteneva a
Rasai; è il punto più basso della frazione: 365 metri s.m.). Le case isolate ed i nuclei di cui si è finora parlato (da sud-est a
sud-ovest di Porcen) sono "al pustèrn", cioè sul versante nord delle
propaggini del Tomàtico. Altre tre case
isolate, allora abitate, sullo spartiacque del Col de Porfhén, una sul
punto più alto, mentre una, recente, è
a monte della strada che porta verso Rasài. Oggi poche "case sparse"
sono ancora abitate, quella in cui vivo e
sono nato si trova in località Saeri.
Porcen
è anche punto di partenza effettivo dell'alta via degli eroi
Feltre-Bassano, culminante nel M. Grappa (m. 1777), famoso non solo per le
cruente battaglie della guerra nel 1917/18, ma anche per il panorama che da
esso, con aria tersa, si
può godere da ogni lato. In una giornata d'inverno spazzata dalla
tramontana, da cima Grappa ho potuto ammirare, da W-N-W a E-N-E:
Cima d'Asta con
Lagorai,
Pale di S. Martino, Civetta,
Moiazza e Pelmo, e, emergente dietro il
Pizzocco, l'Antelao. Ma anche lungo il
percorso dell'alta via si trovano punti da cui si godono panorami superbi; il
Tomatico, il M.
Santo, il M. Sassumà; da
quest'ultimo si intravvedono monti assai lontani, a
Ovest (Monte Sassumà su YouTube:
https://youtu.be/CsvSoWXR2cY). E'
difficile non essere disturbati, sul lato sud, da nebbie e foschie, soprattutto in
autunno e inverno; se la visibilità è ottima, dal Grappa,
verso S-E, si osservano l'Adriatico e, oltre, i monti della penisola Balcanica.
Naturalmente l'autunno, con i suoi colori variegati, è la stagione più idonea e soddisfacente per escursioni attorno al paese (vedi il bosco di faggi e larici a quota modesta -450m- poco sopra Porcen, in località "Bòsch de la Fior"). I tramonti ed altri eventi meteorologici possono offrire frequenti occasioni di estasi e di stupore, anche d'estate. La primavera, invece, mostra il tenue verde dei prati e del tenero fogliame dei boschi di faggio che risale le pendici del Tomatico, man mano che la neve si va sciogliendo. Assai frequentato dai cittadini dei due paesi, ma anche da appassionati "camminatori" feltrini, per una comoda passeggiata, il tratto di strada Porcen-Tomo: è caratterizzato da lievi pendenze del percorso, scarso traffico di veicoli, paesaggio con dolci linee riposanti.
Prodotti della terra porcenese, utilizzati in prevalenza per l'autoconsumo: patate, fagioli, ortaggi vari, marroni. Gli allevamenti riguardano vacche per la produzione di carne e latte, nel recente passato capre per la produzione di latte; naturalmente le condizioni tipiche del paese di campagna-/-montagna consentono la presenza di numerosi allevamenti di polli di dimensione familiare; è attiva, alle falde del Tomatico, la serra "Il Ruscello" con coltivazione di fiori, piantine e talora esposizione e informazioni su sementi e antiche produzioni agricole locali. L'apertura di strade ha consentito di utilizzare le foreste del versante nord della catena Tomatico-Sassumà, che erano state abbandonate da decenni per l'impossibilità di recuperare il legname: le vecchie mulattiere e i "fili a sbalzo", consentivano ad un valente adulto il recupero (in media) di 100 kg di legna in una giornata (stima effettuata sulla base di... dure e tristi esperienze), naturalmente con fatiche oggi improponibili. Le "strade forestali" aperte da Porcen si sviluppano per 20 km circa, e per oltre un terzo sono asfaltate; lodevole l'interesse e la partecipazione della maggior parte dei paesani, che, tra le altre cose, ogni anno effettuano la manutenzione della viabilità, con un'azione di lavoro collettivo; l'opera volontaria di "pulizia strade" si è perfino estesa alla comunale Porcen-Rasai; e vengono attuati, da organizzazioni di volontari, importanti interventi di salvaguardia ambientale, come l'asportazione, dalle vasche di decantazione, di vegetazione e arbusti infestanti, nonché dei detriti trascinati a valle in occasione di piogge torrenziali (nell'immagine linkata la vasca della "Grava dei Càrpen"). Per conoscere meglio i monti di Porcen puoi visitare i video https://youtu.be/MIgGP5zNnfQ e https://youtu.be/2_lbGo_wxt4 che col precedente citato descrivono il percorso in cresta dell'arco dei monti da Sassumà al Tomatico.
Paesi come Porcen (con una dimensione media,
negli ultimi decenni, attorno a 400 abitanti; attualmente -settembre 2010-
scivola verso i 300), assistono a una sia pur lenta
diminuzione della popolazione, accompagnata dall'aumento dell' età media. La
relativa vicinanza ai posti di lavoro ha tuttavia rallentato lo spopolamento.
Fattori demografici rilevanti sono anche la fuga dei giovani, in particolare
quelli con livello culturale medio-alto, anche per la difficoltà di trovare
adeguata occupazione nelle vicinanze, e il ritorno di "anziani" alla fine del
periodo lavorativo. Ho riscontrato nella popolazione una progressiva diminuzione
del "senso di appartenenza" alla comunità, chiamato talvolta "amore,
attaccamento alle
radici". Per un efficace intervento
rispetto al primo punto è utile l'impegno
politico e sociale, per poter esercitare pressione sugli enti pubblici
(Comune, Provincia,...) affinché rendano fruibili ed efficienti tutti i
servizi che rendono vivibili le zone che per natura presentano maggiori
difficoltà.
La promozione e l'appoggio a ogni forma di iniziativa, che abbia come
effetto un consolidamento della solidarietà sociale entro la comunità
paesana, sono pure fondamentali, anche andando oltre la possibile non
completa coincidenza di visione con le finalità delle iniziative stesse. Gli
abitanti di Porcen sono stati e sono attivi nella realizzazione,
organizzazione e partecipazione a progetti di svariata natura: culturale,
sportiva, ricreativa, nell'associazione di commilitoni... Gli ultimi cinquant'anni hanno visto la
morte di molti paesi,
per lo più in situazione ambientale più disagiata del nostro Porcen; alla fine
di quei paesi hanno contribuito spesso gli abitanti, con i loro individualismi e
le rivalità crescenti con le difficoltà di sopravvivenza, fino al raggiungimento
del "punto di non ritorno": quando il tessuto sociale è così devastato, da
spingere ad una fuga "irrazionale" anche chi avrebbe potuto continuare a vivere
lì senza particolari problemi. Ritengo che Porcen abbia superato questo punto
critico, e però c'è stato un periodo di grave rischio, gli anni '50 e '60 del
secolo scorso. In quel periodo c'è stata una forte emigrazione, anche
temporanea, con un "cambio" monetario assai favorevole agli operosi migranti,
molti dei quali hanno utilizzato il frutto del lavoro costruendo nuove
abitazioni: queste però venivano realizzate a Feltre, e pochi investivano nella
ristrutturazione o nuova abitazione in Porcen. La "casa a Feltre" era quasi
diventata uno "status simbol" che fagocitava non solo Porcen ma tutti i
paesi circostanti Feltre. Il fenomeno si attenuò rapidamente, anche per la
presa di coscienza che la cittadina non offriva una qualità della vita superiore a
quella dei paesi che le stanno attorno.
Ritengo che nell'ultimo mezzo secolo e oltre (in
particolare nel trentennio successivo alla guerra 40/45) gli enti pubblici
con i
relativi responsabili, nonché i personaggi col ruolo di "opinion maker",
abbiano fatto (con rare eccezioni) troppo poco per alimentare tale senso di appartenenza:
in assenza di stimoli ed incoraggiamenti, chi vive in
paesi di piccole e medie dimensioni finisce per non
apprezzarne e nemmeno vederne gli aspetti migliori; guarda
invece a città e paesi lontani come fossero tanto più belli e appaganti.
Valorizziamole,
amiamole e facciamole amare, invece, anche le
nostre zone!
Lo meritano ampiamente.
Ma che cosa si può fare, in pratica, per sostenere la vita di
paesetti come Porcén? Ovviamente si deve agire a più livelli: 1) livello
istituzionale e politico-sociale; 2) livello dell'impegno personale, di chi ha il coraggio di
avviare delle attività, pur sapendo che incontrerà maggiori difficoltà rispetto a
chi opera in situazioni più favorevoli; 3) infine il livello della vita
quotidiana, con i comportamenti di ciascun cittadino, apparentemente
insignificanti e invece di estrema importanza.
Riguardo al secondo punto, occorre far sì che incontrino maggiori agevolazioni
gli imprenditori attivi là dove, a causa del disagio ambientale, i profitti sono
assai più ridotti rispetto ad altre zone.
Al terzo punto, su cui troppo spesso si sorvola, considerandolo marginale,
dedico invece uno spazio più ampio. E' chiaro che una qualunque attività
economica può resistere, se riesce a fornire un livello di reddito tale da
permettere di vivere a titolari dell'attività e relativi familiari: poche
centinaia di euro possono fare la differenza, in altre parole permettere la
continuazione dell'azienda o determinare la sua fine. La presenza di
attività artigianali, commerciali, di servizi e quant'altro è fondamentale
per garantire l'esistenza dell'identità sociale di un paesetto, che in
assenza di questa identità diventa un anonimo e insignificante "quartiere
dormitorio" destinato ad estinguersi. E' quindi fondamentale far in modo che
il denaro venga fatto circolare dentro la realtà sociale di cui si fa parte,
se non si vuole la sua rovina; in altre parole, quando acquisto un bene o un
servizio, e lo posso trovare nel mio paese, lo prendo lì, anche se pago
pochi centesimi in più, se voglio che il paese continui a vivere! E non si
dica che questo è atteggiamento protezionistico, sintomo di rozza chiusura;
va considerato, piuttosto, comportamento solidale e di sostegno nei
confronti di soggetti economici più deboli, aventi però una funzione
sociale nella popolazione dei "compaesani".
Cognomi "storici" di Porcen sono Fantinel, De Cet, Bortolas, Bonan, Bellaver, Legume, Gaved(t), Pellin, Prenot, Samaria, Tisat, Zanella, Zan(n)in. I più ricorrenti sono i primi due, che si possono considerare tipici del paese, e diffusi in Italia e all'estero. Si trova spesso la variante "Decet" (al posto di De Cet), la cui origine è assai curiosa: addetti all'anagrafe comunale, a partire dagli anni '50, hanno registrato i nati con "Decet, perché deriva dal latino" (così mi diceva uno di loro, tutte le volte che gli facevo rifare un documento, dato che nel mio atto di nascita il cognome è "in due pezzi"). E' evidente invece che si tratta di uno dei numerosi cognomi preceduti da patronimico o indicatore di luogo d'origine (Da, De, Di, Dal, Del, Du, von, Mc, Mac,...); era abitudine di tanti impiegati eliminare lo spazio bianco, che sicuramente, ai loro occhi, rappresentava una inutile fatica con la "macchina da scrivere". Un giovane storico e scrittore, da sempre appassionato anche a ricercare e approfondire le vicende antiche, nonché attuali, dei nostri villaggi, mi ha riferito che nel '400 erano già presenti i cognomi Fantinel e la forma originale Cet che vide in seguito l'aggiunta del patronimico "De". Oltre che dai cognomi, gli abitanti nati nel paese erano caratterizzati da un "soranome", che individuava un gruppo di famiglie situate in una determinata zona -in genere un cortile- quasi come un piccolo quartiere. Oggi questi soranomi si sono ormai persi, e soltanto gli "anziani" li ricordano e li sanno associare al corrispondente "cortile".
Il dialetto di Porcen è praticamente il
feltrino, con delle significative particolarità. La più evidente, considerata,
tra l'altro, un "indicatore di rozzezza" dai "cittadini" feltrini, era il ricorso a un suono aspirato
della consonante h
che va a sostituire altre consonanti, come f
(sempre) e talvolta z e c;
caffè diventa "cahè", zucchero "huchero", cintura "hintura". Nella
descrizione di detti e proverbi di
Porcén ho usato la coppia di consonanti fh per indicare quel suono
aspirato che talvolta prende una pronuncia simile alla lettera greca q
o al fonema th inglese; effettivamente, se l'aspirazione non è
forte, parole come "huchero" e "hintura" diventano "quchero"
e "qintura"; ma "cahè" e
"hemena" rimangono tali: f si
trasforma in un'h
più o meno sentita, non si addolcisce in q. L'indicazione
scritta dei termini dialettali è sempre assai difficoltosa e non rende la
pronuncia effettiva: la già ricordata "qintura"
viene spesso resa da esperti autori come zintura, dove la z
corrisponderebbe, nel parlato, a θ.
Tipico dell'antico porcenese rimane comunque la presenza, più o meno marcata,
dell'(h); così nel dialetto del paese, non
si dice mai "zintura" o "Porzén", raramente "qintura"
o "Porqén"): più caratteristici
"hintura" e "Porhén" che, con h
meno aspirata, tendono a "fintura" e "Porfén". In
varie occasioni, nelle pagine del sito, la tipica pronuncia porcenese variabile
tra h ed f è stata
per questo indicata con fh:
occorre notare che l'intensità della aspirazione dell'h
variava da persona a persona; oggi poi è ormai scomparsa, anche perché
considerata segno di "persona rozza"; probabilmente la relazione è del
tutto assente, ma gli esperti della lingua etrusca sostengono che essa era
caratterizzata anche dall'h aspirata:
mantenerla ancora nel dialetto del paese richiamerebbe l'antico legame con
quella civiltà.
La pronuncia e i "modi di dire" si differenziano anche tra
paesi vicini, il che accade per tutti i dialetti; ricordo che, ad esempio, gli
abitanti di Rasai si prendevano gioco di quelli di Porcen quando questi esclamavano "vè"
col significato di "guarda, vedi".
[Lo sfondo di questa pagina può aver causato qualche piccolo disagio: è stato ricavato dall'immagine di una intensa nevicata primaverile. Si pensi ai disagi che le frequenti nevicate portano in un paese di montagna che dalla neve non trae alcun reddito]
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